L’utilizzo improprio del Visto per Affari

Visto per Affari

Le norme che regolano l’ingresso per lavoro di cittadini stranieri sono sicuramente complesse e non sempre sembrano capaci di rispondere alle mutevoli esigenze del mondo del lavoro. I processi di internazionalizzazione e di global mobility richiedono flessibilità operativa, ovviamente nel rispetto delle norme e della compliance.

Talvolta vi è la necessità di ospitare in Italia personale proveniente da clienti o fornitori esteri, magari solo per brevi periodi, e in questo caso spesso capita di ricorrere alla richiesta di un visto per affari. È però bene tenere presente che il visto per affari può essere utilizzato esclusivamente per alcune specifiche attività, quali riunioni di lavoro, meeting con clienti, o attività formative.

In tutti gli altri casi l’utilizzo del visto per affari è improprio ed espone il datore di lavoro a una serie di rischi. In particolare, non può essere utilizzato per svolgere una vera e propria attività lavorativa.

In linea di principio il mancato rispetto delle norme in merito potrebbe configurare il reato di favoreggiamento della immigrazione clandestina di cui all’art 12 D.lvo 286/1998, che punisce chiunque promuova atti diretti a procurare illegalmente l’ingresso nel territorio dello stato di persona che non ne abbia titolo.

La giurisprudenza ha ritenuto configurabile il reato a carico del datore di lavoro che svolga attività anche solo propedeutica finalizzata a favorire l’ingresso clandestino anche nei casi in cui il visto sia richiesto ed eventualmente ottenuto fraudolentemente e mediante simulazione dei necessari presupposti, anche con riferimento a ingressi nel territorio dello Stato per finalità diverse da quelle in relazione alle quali quest’ultimo abbia presentato richiesta di visto (Cass. Pen. Sez. I, 15/12/2009 n. 2285; Cass. Pen. Sez II, 21/09/2004, n. 40789; Cass. Pen. Sez. II 11/12/2003 n. 3406). In tal caso, il reato è punibile con reclusione da 1 a 5 anni e con multa di € 15.000 a persona.

Va inoltre tenuto presente che la condotta di cui sopra potrebbe altresì configurare la responsabilità anche dell’Ente ex lege 231/2001 (art. 25duodecies) con procedimento penale non solo a carico delle persone fisiche ma anche della Società. Le sanzioni in questo caso sarebbero pecuniarie, da un minimo di € 103.200,00 a un massimo di € 1.549.000,00, oltre ad altri provvedimenti, quali il ritiro di autorizzazioni all’esercizio dell’attività, etc.

La condotta della Società che rediga, al fine del rilascio di un visto d’affari, una dichiarazione d’invito con l’indicazione del motivo di soggiorno e della effettiva attività che dovrebbe essere svolta non rispondente alla realtà, potrebbe infine configurare anche il reato di falso ideologico in atto pubblico per induzione in errore del pubblico ufficiale ex artt. 48 e 479 c.p. (Cass. Pen. Sez. I 08/05/2002 n. 22741). Reato punibile con la reclusione da 1 a 6 anni.

Quindi, a cosa fare attenzione?

Sicuramente le attività che dovranno essere svolte in Italia dal personale straniero dovranno configurarsi all’interno di quelle consentite per legge, come riunioni di lavoro, meeting con clienti e attività formative.

Qualora invece non fosse possibile far rientrare queste attività all’interno di quelle consentite, potrebbe essere possibile (e necessario) implementare una vera e propria pratica immigratoria, richiedendo un Nulla Osta, un Visto, e affrontando tutta la burocrazia italiana.

San Martino Servizi da anni supporta le aziende che intendono inserire lavoratori stranieri nella propria organizzazione contribuendo a gestire i processi di internazionalizzazione delle risorse umane dell’impresa.

Vi invitiamo a contattarci per maggiori informazioni!

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